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Stalking

24-10-2021 21:45 - Approfondimenti
Con il termine “stalking” si intende il comportamento di una persona che, a caccia di una preda, si apposta, la segue, la bracca; estrapolato dalla terminologia tecnica, assume il significato di assillare, molestare, disturbare, perseguitare.

Il D.L. 23.2.2009, n. 11 (recante Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, convertito, con modificazioni, dalla L. 23.4.2009, n. 38) ha introdotto nel codice penale l’art. 612-bis (Atti persecutori), collocandolo fra i delitti contro la libertà morale.

Il delitto di atti persecutori richiede la reiterazione delle condotte. Queste ultime devono consistere in minacce e/o molestie.

Da tali condotte reiterate devono poi discendere tre eventi, posti tra loro in rapporto di

alternatività: un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, oppure un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva, oppure l’alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.

Per la giurisprudenza integrano la fattispecie anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice (Cass., sez. V, n. 33842/2018).

Integra il delitto anche il sorvegliare o il farsi comunque notare, persino saltuariamente, nei luoghi di abituale frequentazione dalla persona offesa, indipendentemente dal fatto che la stessa si trovi presente o assista a tali comportamenti, nonché il porre in essere una condotta minacciosa o molesta nei confronti di soggetti diversi dalla vittima, ancorché

ad essa legati da un rapporto qualificato (Cass., sez. III, 6.10.2015-18.1.2016, n. 1629). Gli atti persecutori non devono essere tali da integrare

una situazione con risvolti patologici, essendo sufficiente che producano

un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico

della vittima (Cass., sez. V, n. 4728/2019).

A differenza dei reati di violenza sessuale, la querela è revocabile, salvo che il fatto sia stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate (ad es. dall’uso di strumenti atti ad offendere, quali un bastone, un’arma, anche se apparente o giocattolo), nei quali casi la querela è irrevocabile.

La remissione della querela può essere, però, soltanto processuale (art. 1, co. 3, lett. b), D.L. n. 93/2013, conv. in L. n. 119/2013).

La persona offesa, prima di proporre querela, può chiedere al Questore che lo stalker venga ammonito. Il Questore sente quest’ultimo ed eventuali testimoni, ed invita l’autore del reato a tenere una condotta conforme alla legge e ne redige processo verbale, di cui una copia viene rilasciata all’ammonito ed una a chi ha chiesto l’ammonimento.

Il Questore valuta, inoltre, eventuali provvedimenti in materia di armi e munizioni, a carico dello stalker (art. 8 L. n. 38/2009).

L’art. 39 del TULPS dà la facoltà agli Ufficiali e Agenti di PS di provvedere, in caso di urgenza, all’immediato ritiro cautelare di armi, munizioni e materie esplodenti regolarmente denunciate ai sensi dell’art. 38 TULPS, dandone immediata comunicazione al Prefetto (art. 39, comma 2, TULPS).

La serie continua di telefonate, messaggi, frasi allusivamente minacciose divulgate attraverso vari mezzi di comunicazione, appostamenti (seguiti anche da ingiurie e, in un’occasione, da un ceffone), risulta idonea a determinare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, oltre che un fondato timore per la sua incolumità personale, costituendo un dato di comune esperienza che le minacce e le molestie, a lungo andare, possono trasmodare in atti di più grave impatto sulla persona (Cass., sez. V, n. 22549/2016).

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